Beatrix Kiddo ✓
L'unico attimo in cui Lightning ancora poteva dire di amarlo, era alla mattina, quando la sua per così dire dolce metà dormiva. Lei, nonostante tutto il male che gli aveva fatto, avrebbe potuto osservarlo per ore ed ore, scostando delicatamente i capelli innaturalmente blu da davanti ai suoi occhi chiusi, accarezzando la pelle candida delle sue guance, sdraiandosi al suo fianco e facendo finta che nulla fosse mai accaduto fra di loro. Sapeva che una semplice illusione non bastava a dimenticare, che quelle erano solo vane speranze, eppure Light continuava a provarci. Continuava a nutrirsi di stupidi sogni alla luce di un nuovo giorno, con il Sole che piano cominciava a filtrare dai drappi scuri appesi alle grandi finestre.
Che poi, in fondo, non tutto era un sogno.
Lei ancora lo amava. Una parte di sé ancora bramava spasmodicamente di stare con lui, di renderlo felice...però, nel momento in cui ogni ricordo riaffiorava nel marasma caotico della sua memoria, quelle belle intenzioni svanivano nel nulla, inghiottite dal risentimento e dal desiderio di vendetta.
Da una parte, quindi, c'era l'amore. Intenso e doloroso come era sempre stato.
Dall'altra invece c'era l'odio. Ingovernabile e lacerante come solo lui poteva essere.
Non sapeva cosa la spingesse a stringere i denti, impedendo ai suoi peggiori istinti di avere la meglio. Una vocina le diceva sempre di aspettare, di saper guardare a quella situazione con occhio critico, evitandosi stupidi colpi di testa per riuscire ad arrivare al giorno in cui tutto avrebbe raggiunto il proprio epilogo. Quella, forse, era la migliore amica di Noctis. Solo lei, quella piccola, insignificante vocina, gli aveva permesso di vivere ancora.
Beatrix sospirò, tornando a sedersi sul letto dopo essersi fatta una bella doccia ristoratrice. Alle sue spalle, addormentato, si trovava l'assassino della sua intera famiglia. Alle sue spalle, con il respiro stranamente calmo, si trovava l'unico uomo che avesse mai amato per davvero - o meglio, l'unico che avesse mai visto.
Era una condizione interessante la sua, non c'era che dire. Chi altri poteva vantare di essere bloccata a vivere con qualcuno di così dannatamente ingombrante, a livello psicologico, nel corso della propria esistenza?
«...Noctis...» sussurrò, girandosi lentamente verso di lui, i capelli rosa ancora umidi per via dell'acqua che non aveva avuto la voglia di asciugare «Noctis, alzati...»
Più lo guardava, più le ritornavano alla mente le ore appena trascorse, la notte di passione passata in sua compagnia. Di certo doveva avere dei seri problemi, lei, visto e considerato che non solo gli permetteva di parlarle, bensì lo lasciava anche possederla.
Ma, alla fine della fiera, poteva davvero affermare di non apprezzare il sesso?
«...perché mi chiedi di svegliarti, se poi non ti alzi mai quando ti chiamo?»
Sbuffò, appoggiandosi alla testiera del letto con la schiena, le ginocchia strette al petto. Una goccia d'acqua dai capelli le cadde sulla spalla, scendendo lungo tutto il braccio. Le causò un piccolo fremito, trattenuto a stento come ad aver paura che lui si svegliasse sul serio.
Lo aveva detto, no? Riusciva a tornare ad amarlo solo quando dormiva. Una volta sveglio, le uniche parole che uscivano dalla sua bocca, erano così velenose da ferire anche lei.